GUIDA AL PACKAGING COSMETICO
Ecco una guida, semplice e abbastanza breve per riuscire a conoscere al meglio il packaging cosmetico, al fine di scegliere con un po’ di accortezza i contenitori cosmetici migliori da un punto di vista ambientale, ma anche economico e razionale, soprattutto in vista del riuso o della loro dismissione. Per realizzare questa guida ci siamo rivolti a Chiara Capuzzo , industrial designer laureata in design&engineering presso il Politecnico di Milano. Grazie alle conoscenze di Chiara siamo riusciti a creare una guida che permetta a chiunque consumi prodotti cosmetici, anche da supermercato, di avere un punto di vista più razionale e informato sul packaging e sul w:ciclo di vita dei prodotti che consumiamo.
Il packaging cosmetico: esperienza d’acquisto vs sostenibilità:
Circa 6 secondi. È questo il tempo in cui un consumatore all’interno di un punto vendita decide se effettuerà o meno un acquisto, di qualunque natura esso sia. Il consumatore inconsciamente viene infatti catturato dall’atmosfera in cui il prodotto è inserito e dal modo in cui è presentato, caratteristiche che indirizzano fortemente la sua scelta. In un mercato infinito di prodotti tutti simili tra loro perciò questo valore aggiunto è in grado di fare la differenza, pur non combaciando sempre con la reale qualità del prodotto. Valore aggiunto che viene sempre più legato ai caratteri sensoriali percepiti, andando a toccare corde emozionali che spingono verso un prodotto piuttosto che un altro: colori, odori, luci ed effetti tattili diventano perciò padroni della scena, trainando il consumatore verso un’esperienza d’acquisto che ricorderà e che lo farà tornare. Il settore cosmetico, soprattutto il make-up, è uno dei più fortemente interessati da questo fenomeno, a causa della grande varietà di prodotti, tutti molto simili fra loro, che vedono nell’apparire uno dei principali caratteri di diversificazione. A volte una presentazione accattivante è sinonimo di qualità, mentre spesso una scadente qualità può essere camuffata, riscuotendo comunque successo. Il punto su cui si lavora maggiormente per arrivare al cosiddetto effetto “wow” è il packaging, la forma che la creme viso, shampoo, o rossetto assume. La base utilizzata spesso è la stessa: si utilizzano composti naturali o sintetici (quest’ultimi risultano più durevoli e stabili, ma soprattutto meno costosi per i produttori). Utilizzando componenti di base economici, può aumentare l’investimento nel packaging, che permette di personalizzare la base “anonima” di partenza a seconda del marchio: i colori e la confezione permettono di diversificare un cosmetico che di base è costituito dalla stessa miscela. Tutti elementi che elevano la qualità percepita del prodotto e portano il consumatore ad esserne attratto. Packaging vuol dire immagine percepita, diffusione del marchio, fidelizzazione del cliente e possibilità nel tempo di aumentare il prezzo. In sintesi, il valore aggiunto costa, ma permette anche al produttore un maggior guadagno, ed al cliente una più forte attrazione ed un attaccamento al marchio. Nonostante ciò bisogna cercare di guardare oltre la forma sotto cui ci viene proposto un cosmetico, capire se la base del prodotto è buona quando è convincente ed accattivante la confezione.
Quale packaging cosmetico scegliere?
Un consumatore oculato dovrebbe quindi cercare di non farsi ammaliare dai caratteri dell’esperienza d’acquisto, ma scegliere il prodotto da acquistare in base alla reale qualità del cosmetico, percepibile andando a leggerne la composizione, sia valutando il suo packaging. Dispenser formati da più componenti, magari di diverso materiale, colorati superficialmente o ricoperti da pellicole texturizzate, scritte o decori superficiali iridescenti sono tutti fattori che fanno aumentare il costo del packaging e ne riducono la possibilità di riuso prima e riciclo poi. Se si crede di non riutilizzare in seguito il contenitore conviene optare per imballaggi semplici, composti da un basso numero di componenti, magari privi di un’ulteriore scatola e nei quali sia presente il simbolo del riciclaggio. Se invece si punta a dare una seconda vita al contenitore, per lo stesso o per altri scopi, conviene far attenzione al materiale ed alle geometrie: forme semplici, senza giunture e incolori permettono un più facile ed efficace lavaggio per il riuso successivo.
Vi chiederete: come riconoscerli?
Solitamente i cosmetici con il packaging più sostenibile sono spesso quelli privi di marca, sconosciuti al grande pubblico, e con contenitori polimerici interamente bianchi, trasparenti o semi-trasparenti. Sono questi i packaging ecologicamente migliori e più facilmente riutilizzabili: naturali, resistenti, economici ed eco-sostenibili. Inoltre le Private Label, cioè questi “marchi bianchi” (o prodotti senza marchio) non per forza creano prodotti scadenti solo perché hanno un packaging anonimo, anzi molto spesso risulta il contrario. Considerando contenitori di plastica, possono essere riconosciuti tramite il colore: naturale, trasparente (ad esempio per il PET) o semitrasparente (nel caso del polipropilene (PP)) sono i migliori, in quanto non presentano rivestimenti della superficie o ulteriori lavorazioni post produzione che compromettono la bontà del materiale da riciclare; al secondo posto si collocano quelli colorati in massa, cioè in cui il colorante è mescolato direttamente al materiale prima della sua formatura, che risultano lievemente più impattanti dei precedenti. Mentre fanalino di coda sono quelli colorati tramite finiture e verniciature successive (effetto satinato, specchiato, iridescente…), che comportano quindi l’aggiunta di una lavorazione, aumentando costi ed inquinamento, e riducendone la riciclabilità e il riuso, perché perdono il rivestimento nel tempo, rischiando di inquinare il cosmetico stesso. Un esempio di packaging cosmetico “buono” rispetto a uno meno buono risulta essere quello dei burricacao: polipropilene 100% riciclabile e colorato in massa, anziché il pack di molti rossetti: plastica dura smaltata o lavorata in superficie. Passando ad altri materiali incontriamo i metalli, come l’alluminio o l’acciaio, riciclabili all’infinito ma la cui produzione risulta molto più costosa, economicamente ed energeticamente, di quella della plastica. Questi inoltre spesso sono trattati con finiture superficiali che ne aumentano la resistenza alla corrosione o ne garantiscono l’integrità al contatto prolungato con i cosmetici, ma che a volte ne impediscono il riciclaggio. Il vetro infine risulta uno dei materiali migliori come rapporto costi/riciclabilità e con una buona possibilità i riuso se ben lavato. Se colorato in superficie o satinato subisce gli stessi sgravi della colorazione della plastica, aumentando il dispendio energetico necessario per queste lavorazioni e complicandone la dismissione.
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